La guerriglia a San Giovanni, i lasciti del G8 e come sono finita nel campo della comunicazione visiva

Ieri, nel 2011, ero a Roma alla manifestazione contro le banche, il capitalismo e il governo. Il bilancio fu di 135 feriti, di cui 105 tra le forze del disordine e 30 tra i manifestanti. Il Fatto Quotidiano, lo ricordo ancora, scrisse “sembra di essere ritornati a Genova”.
Nel 2011 ero studentessa di teoria e tecnica della comunicazione multimediale all’accademia delle belle arti e non avevo una “vera macchina fotografica”, scattavo e giravo video con quello che trovavo. Mi piaceva (e mi piace tutt’ora) l’idea di documentare le manifestazioni dalla parte di chi manifesta piú per una questione di coscienza sociale, credo.

Qui un piccolo montaggio divertente con colonna sonora degli E.S.T. (favolosi al Monsters of Rock 1991) – Per qualche ragione in fase di upload si é rovinato dal 0.40 al 0.54 e non esiste piú il file (mi rubarono il computer), semplicemente skippate

L’esperienza del G8 é stata, per la mia generazione (e non solo), una scuola che ha insegnato l’importanza della comunicazione indipendente in cui #Indymedia ha giocato un ruolo fondamentale nella mia formazione.

Nel 2001 avevo appena 15 anni ed era giá un anno che bazzicavo le proteste degli operai della Fiat di Termini Imerese, le occupazioni delle donne lavoratrici guidate dalle MFPR, la sede con annessa biblioteca di ció che all’epoca si chiamava Rossoperaio. Una biblioteca piccola, ma che mi ha dato accesso a libri come “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato” (Engels) o “Socialismo, democrazia, rivoluzione” (Rosa Luxemburg).
Mi era chiaro, nonostante la mia giovane etá non ero nuova a manifestazioni con scontri di piazza, che le cittá pululavano di telecamere e fotografi della Digos. Avevamo bisogno di materiale di contrattacco, come mi piace(va) definirlo.

Decisi che avrei studiato per imparare a difendere e difendermi, che avrei preso una macchina fotografica e avrei immortalato ció che avrei ritenuto rilevante.

Ho seguito questo percorso mettendomi sulle spalle il debito universitario, cambiando paese, imparando altre lingue e linguaggi, collaborando con realtá diversissime da tutto il mondo. Questo mi ha portato ad entrare in contatto con persone apparentemente lontane come la mia grande amica cilena Francisca che mi ha resa piú ricca mettendomi in contatto con la giustissima lotta delle donne Mapuche.

Ho imparato che non occorre lavorare per le grandi testate per fare in modo che il mio lavoro sia rilevante, serve invece produrre materiale che possa essere di supporto alle lotte sociali, che la societá civile possa usarle per autorappresentarsi, autoemanciparsi.
Serve produrre documentazione che supporti chi non ha voce e strumenti per combattere una guerriglia che si svolge sul piano della comunicazione visiva. Ecco perché credo fermamente che la mia collaborazione con femLENS sia cruciale per il mio percorso.
E per questo che sto lavorando per tornare in Italia.

Con la salita al potere di Giorgia Meloni si é raggiunto l’apice di una tendenza che ha visto i fascisti figli del MSI uscire dalle trame della democrazia postbellica (che invece di epurarli li ha riassorbiti).

Non dimentichiamoci MAI che l’arma piú potente che esiste per il fascismo é la comunicazione visiva.
Qui un intervento lucidissimo in cui Liliana Ellena espone il suo punto di vista sulla centralitá dell’Istituto Luce nello sviluppo e stabilizzazione del fascismo in Italia.

Alys